Premessa: prima di stendere questo resoconto ho preso tre lunghi respiri, messo in ordine le idee e calmato i calorici spiriti, che rileggendo i resoconti degli scorsi anni mi son resa conto di esser stata troppo esaltata. Non prometto niente, in ogni caso.
Il Salone del Gusto è il mio personale paradiso.
Faccio fatica a capire quelli che non ci vanno a causa della folla, del caos, delle cavallette: per me non c’è scusa che tenga.
Il girare tra gli stand è faticoso, scansare i lenti mette a dura prova i nervi, le code sono fastidiose ma mi basta un nuovo sapore per ricaricarmi (sono ecologica: funziono a energia gusto-centrica).
Se mi conoscete saprete già della mia folle passione per i salumi del maiale nero dei Nebrodi, su cui non sprecherò altre lodi: la tattica dell’anno ha previsto la predilezione dell’Oval, il padiglione internazionale che, visitato nella mattinata di Sabato, ha donato soddisfazioni in un ambiente affrontabile.
Passiamole in rassegna, ladies and gentlemen, e intessiamone gli apprezzamenti con spirito da presentatrice che manco Sanremo:
– White Lake: direttamente dai pascoli inglesi, ecco un produttore di formaggi da segnare. Il loro Morn Dew di latte vaccino ha un profumo poco intenso ma un sapore che si srotola e articola tra le papille producendo visioni;
– i sidri americani: Vermont, Massachussetts, New York e New Hampshire erano rappresentati da cinque sidri di nicchia provenienti da piccole coltivazioni locali di mele: Eden Ice Cider, Eve’s Cidery, Farnum Hill Ciders, Slyboro Ciderhouse, West County Cider. La loro degustazione è stata un viaggio attraverso una cultura che sopravvive grazie agli appassionati produttori;
– Oscypek, una delle mie personali scoperte del secolo, crea dei formaggi unici al mondo a forma di fuso (o animaletti!) e decorati con minuzia, che mangiarli pare quasi un peccato. Attirata da un odore di formaggio fuso, mi ci sono lanciata contro come solo Bolt e in sette millisecondi ho capito che questa specialità polacca mi avrebbe conquistata. Appena tolta dalla padella rovente e cosparsa di marmellata, questa formina di formaggio era filante, sapida e dolce allo stesso tempo, leggermente abbrustolita all’esterno e ancora fresca all’interno;
– Cipro. E che si mangerà mai a Cipro, vi chiederete. Eh! Ne sanno, ve lo dico io: tra lonzini affumicati, carne di pecora condita con origano e sale, pancetta e prosciuttini se la passano benissimo. Da non perdere: la tsamarella;
– vive la France e il suo salame al formaggio di capra! Una possibile eresia per alcuni, una grandiosa infatuazione per me.
Tra ostriche, sofisticati the verdi giapponesi in bottiglia, salami di renna lapponi e patanegra spagnoli c’era da rimetterci il cuore e la circolazione sanguigna.
Passiamo all’Italia prima di che mi sveniate con la bava alla bocca o corriate verso il frigo:
– grandissima mancanza: lo stand delle melanzane arancioni della Basilicata;
– lo spazio street food mi ha fatto fare una ola con una farinata strepitosa, sia nella versione semplice sia in quella con pesto e stracchino;
– allo stand Così Com’è ho finalmente sperimentato i pomodori datterini gialli, dolci e invitanti, disponibili in versione naturale o succo. Non vedo l’ora di farci una coloratissima vellutata;
– e quando pensavo di aver ormai il palato insensibile sono stata scossa dall’assaggio di un fiore sardo fresco capace di farmi venire i lacrimoni;
– se due anni fa ero rimasta delusa, questa volta la salsiccia cruda di Bra di è riscattata (e ne ho mangiata così tanta che almeno per un anno sono a posto);
– dici “cipolla” e segue “Certaldo“, d’accordo. … ma la loro composta, agrodolce e vellutata? Mai più senza in credenza;
– ho conosciuto il creatore della Tortapistocchi: ora la mia vita ha un senso. Che il signor Claudio venga beatificato, subito!
Concludo quest’orda di acclamazioni con una domanda: amico stand che presenti bontà incredibili, perché non vendi? Perché sei solo in esposizione? Capisco che ci saranno ragioni di business, ma io il tuo peperone lungo di Carmagnola o groviera svizzero di 30 mesi ora dove lo trovo?
In ogni caso, mentre scrivo questo lungo resoconto sono in treno e la mia valigia emana odori di insaccati e formaggi stagionati. So già cosa mangiare e in quale ordine, quali ricette provare e cosa centellinare, dandomi appuntamento al prossimo Salone del Gusto.
Saranno due anni lunghi, ma non mancherò: come mi sento bene lì, poche altre volte.
Lascia un commento