Sempre più spesso mi accorgo di aver gusti e preferenze dettati inconsapevolmente dai miei sensi.
E’ come se il mio corpo mi conoscesse meglio della mia mente e le sussurrasse dei messaggi per farle prendere una scelta, per indirizzarla, sobillarla, come un innocente complotto.
Che ciò riguardi anche e soprattutto il gusto è eclatante.
So che per combattere la stanchezza mi occorre un sapore salato, che tisana e biscotti mi consentono sonni placidi, che i tortellini di mia nonna solleticano la memoria. Mi rendo ormai conto dei poteri rigeneranti di una fiorentina, della scellerata felicità che mi procura la liquirizia, della consolazione procurata da un piatto thai. E ancora, la sensazione di placidità di un risotto, l’allegria di un cesto di pop corn, il divertimento del sushi.
Tutto nato nelle cucine della mia infanzia: mi nascondevo sotto al tavolo e aspettavo che le nonne facessero pendere la sfoglia appena tirata per pizzicarla e rubarne dei pezzi, mi armavo di cucchiaio di legno per raccogliere la pasta della pizza o delle tigelle ancora cruda rimasta attaccata alla ciotola, e sapevo di scappare al primo sentore di fegato con le cipolle.
Sono nata avvolta da una poesia semplice e spontanea che mi porta a sentire i sapori,figurarli nella testa, collegarli a ricordi e volerli raccontare a tutti affinché molti possano capirli e farne esperienza (forse l’avrete capito). Dicono sia l’esser bolognese, e un po’ ne son convinta anch’io.
Altrettanto adoro sentire le storie che riguardano le faccende di tavole, cucine, credenze, frigoriferi, spese, piatti e dispense: mi parlano in modo chiaro e diretto, come se condividessimo un codice segreto, lo stesso linguaggio.
Da oggi, Giovedì 29 Gennaio, alcune di queste bellissime fiabe culinarie diventano protagoniste di “Storie di Cucina“, collana edita da Corriere.
Ogni settimana ne trovate una nuova in allegato al giornale, in un’edizione curata e pure graficamente adorabile.
Oggi iniziamo con “La parte più tenera“, ma si proseguirà col divertente “Julie & Julia“, “Un filo d’olio“, “Pomodori verdi fritti” e l’imprescindibile “Chocolat“.
E’ il caso di dire che si tratta di libri da “assaporare” tenendo a fianco una leccornia per calmare l’inevitabile acquolina, o da utilizzare come spunto e ispirazione: magari diventerete eccellenti cuochi come Julia Child o conquisterete il cuore di un gitano con del cacao, fino a parlare della vostra cucina come un luogo imprescindibile come in “Kitchen” di Banana Yoshimoto.
Potreste addirittura percepire i sapori attraverso le parole. Un grande beneficio per la linea, o no?
In ogni caso l’unico rischio è quello di dimenticare una torta in forno per il rapimento, ma ogni appassionato di cucina lo correrà volentieri.
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