(composit di Rosita_mapi. Io ero troppo impegnata a correre tra i ciccioli, in preda alla follia, per ricordarmi di scattare)
Non vorrei mai pensaste che la sagra del cicciolo mi abbia messa fuori gioco.
Ah no!
Spavalda come poche mi ergerei su una sedia, scuotendo la testa per scostare i capelli dal viso, e scoppierei in una sonora risata, senonché…
… ecco, uso il condizionale perché mi ritrovo a casa con un piede ingessato.
Lasciamo perdere il come (un piccolo incidente), il quando (sabato) e il quanto dovrò rimanere così (un pochino, non tanto), nonché tutte le allegre situazioni che costellano la vicenda (dal radiologo che mi prende per straniera ai paramedici che mi portano giù per le scale di casa con una sedia cingolata), io son qua per raccontarvi della meravigliosa festa di San Martino di Rio!
Innanzitutto devo confessarvi che già nella prima frase ho mentito spudoratamente.
Ci sono persone che possono testimoniare che, dopo aver mangiato porchetta, ciccioli e salumi tutto il dì, ho pronunciato le parole “Basta, devo fare una settimana da vegetariana“.
Io, proprio io, sono stata sconfitta dal divin porco.
Sapete quando bevete troppo e il giorno dopo siete in hangover (che si sappia: a una colazione con Micaela ho detto “hangout”. Non ero ancora guarita)? Ecco, ho passato i giorni successivi nella stessa condizione, a causa del cibo.
Vi racconto dal principio.
Domenica 2 Marzo io e un gruppo di intrepidi amici ci siamo incamminati da Correggio a San Martino di Rio, percorrendo qualche chilometro a piedi tra la campagna emiliana per esser pronti a tutto.
Giunti sul posto abbiamo raggiunto gli altri avventori e, formato tal bel gruppo, ci siamo avviati verso la rocca, totalmente circondata da paioli dove 120 norcini stavano buttando i primi pezzi di maiale, tagliati grossolanamente, per lasciarli sciogliere e cuocere lentamente. Il “Cicciolo in Piasa” è infatti una competizione in cui tutti i maggiori esperti si sfidano per produrre il migliore, divisi per categorie a seconda dell’alimentazione del paiolo (gas o legna).
Nell’aria si iniziava a sentire un certo sentore e noi, giusto per attendere, ci siamo lanciati sui borlenghi con la scusa del “Non li conoscete? Dovete assaggiarli!” e sul gnocco fritto (e qua non c’era alcuna scusa, se non la golosità), abbondantemente accompagnati da una birra chiara artigianale.
Aggiungete del bel sole, un prato, e immaginerete come alzarsi sia stato arduo… ma i ciccioli aspettavano, la sagra stava entrando nel vivo, bisognava assistere al miracolo emiliano!
Ai banchi si vendevano sacchetti di ciccioli preparati il giorno prima, agli stand altre specialità come erbazzone e porchetta, e noi ci aggiravamo tra nubi provenienti dai calderoni, iniziando a percepire le vene che, per ribellarsi, iniziavano a ritirarsi.
Poi, a una certa ora, il momento della trasformazione da massa informe in ebollizione a “torta”: il composto veniva preso e pressato in forme tonde dall’altezza di circa 3 centimetri, intramezzato da dischi di metallo, per renderlo il più compatto possibile. Nel mentre erano sopraggiunte decine di persone per il momento clou, ovvero la distribuzione di tali ciccioli appena fatti: improvvisamente i novantenni diventavano più veloci di Flash e tu, giovane e inesperta, dovevi far attenzione e combattere per conquistare il tuo assaggio!
Di certo non poteva mancare una visita finale tra gli espositori gastronomici – da un parmigiano squisito al baccalà -, cercando di non barcollare troppo per il cibo, e in quel momento è accaduto il miracolo, l’imprevisto, il “Non può essere vero“: ho comprato due chili di mele. Ero così provata che ho dovuto.
Non guardatemi così, è stato più forte di me! Il cicciolo non perdona, ve l’ho detto!
E così, carichi di colesterolo in diverse forme, abbiamo lasciato la festa e la sua lunga continuazione.
Tre anni di attesa, tre, prima di trovare il weekend giusto per andarci, e l’attesa è stata pienamente ricompensata.
Vi chiederete: “Siete tornati a piedi, come all’andata?“. Assolutamente no: rotolare fino a Correggio sarebbe stato improbabile.
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