Perché non appena valicherete uno dei ponti leggendari o prenderete una metropolitana superando l’acqua vi renderete conto che New York non è solo Manhattan ma che ci sarebbe anche una certa “Brooklyn“, una parte che scalpita, giovane e vivace, più rough e meno elegante, più indie e ruvida, una zona vista in tanti film e telefilm, rappresentata da libri e storie, che probabilmente vi affascinerà in modo più di quanto avreste immaginato.
Noi ci siamo avventurati qua per l’ultima serata in America, e abbiamo scelto forse uno dei ristoranti (se così si può chiamare) più celebri del posto: il Fette Sau, nel quartiere Williamsburg.
Uomini! Mettete da parte le cravatte!
Donne! I tacchi non sono necessari!
Abbiate solo premura di indossare maniche che si possano rimboccare accuratamente e armatevi di una buona dose di pazienza: la cena e l’esperienza valgono.
Vi troverete in un ambiente cupo che fa molto “Dickens“, con tavoloni di legno, panche massicce e un’intera parete su cui sono stati disegnati i diversi tagli di carne per manzo, suino e ovino.
Tim Burton ci farebbe volentieri un film, credo, vuoi anche per le spine di birra sormontate da coltellacci e mannaie.
Ecco, appunto: qua si mangia carne e non c’è alcuna speranza di gustare qualcosa di diverso (cioè: la possibilità c’è, ma perchè perdersi tanta meraviglia?).
Sapete cosa dovete ordinare?
Il brisket, carne di manzo rosolata e dall’esterno ben abbrustolito.
Comunque sia fate la fila (tanta fila. Molta fila), andate dall’omino dietro al bancone, un sosia giovane e magro di Erick Nortman (regali #palette!), e scegliete ciò che più vi ispira senza lasciarvi spaventare dall’aspetto un po’ truculento.
Oh, nelle recensioni online viene definito addirittura “industrial chic” (non so bene dove sia il chic, ma non puntualizziamo): che la carne sia servita direttamente sulla tovaglietta di carta posata sul vostro vassoio (no piatto, ripeto: no piatto) e che quindi vi ungerete fino al tallone deve esser l’esperienza del momento.
Il brisket, si diceva, con contorno di fagioli cotti sul fondo del tegame in cui viene preparata la ciccia.
Mai carne ebbe sapore più americano, con quelle onnipresenti note dolciastre tipiche di chi ha usato la salsa barbecue con sacrosanta abbondanza!
Mai carne fu più morbida, così tenera che la tagli con una forchetta (se non con lo sguardo).
La lunga cottura l’aveva resa assolutamente tenera, tanto che quasi non serviva masticare, e il sapore si spandeva per la bocca con picchi pepati; il bordino era una vera goduria, sottile e croccantino, speziato abbondantemente.
I fagioli (che solitamente non apprezzo) avevano un aspetto invitante e con quella descrizione… non potevo non fare un tentativo, che è stato assolutamente azzeccato: dopotutto anche le travi di legno sarebbero prelibate se cotte in quel sughetto ma i legumi, con la loro consistenza tenue, erano un pregevole accompagnamento.
E da bere?
Scegliete una delle numerose birre artigianali dal menù a sua volta scritto sul muro, o fidatevi del consiglio del massiccio barman.
Se con questa descrizione non vi ho conquistato c’è una sola spiegazione: siete vegetariani. Ecco. Oh.
p.s. forse mi sono scordata di dire che il Fette Sau è premiato. Pluripremiato. Strapremiato. Insomma: correte!
Dove
Fette Sau
354 Metropolitan Avenue
Brooklyn (New York)
@chi27cri says
no, non ci voglio credere. una sera ci sono andata appositamente, ci sono arrivata con qualche fatica (perchè – ti domandi – non sarà proprio laggiù, vero?!) e poi, complice la fila, la calca che neanche quando avevo vent'anni per entrare in discoteca, l'odore (non è che quando esci di lì la tua giacca profuma di lillà), ho rinunciato. nooooo!